Damè: un' intensa storia tra due mondi
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Damè è il rimprovero perentorio per chi vive sul confine, a metà tra due mondi, appartenendo ad entrambi e a nessuno nello stesso modo.
Damè, non si fa, perché quello che è normale ad una latitudine non lo è in un'altra.
Mirì ha l'Italia come madre e il Giappone come padre e di questa dualità si tinge tutta la sua vita. Sempre divisa, sempre contesa e contestata, sempre a metà, sempre incompleta, sempre sospesa tra un mondo di dentro e un mondo di fuori, sempre tra sentirsi e sembrare, capace di lasciar andare tutti e tutto ma mai il suo sentirsi bozza di un'esistenza che mai affonda e mai va fino in fondo. Così anche gli amori sono amori che si nutrono di 'mixed feelings', sensazioni e sentimenti contraddittori che alla lunga si logorano e logorano. Mirì sarà se stessa veramente quando farà del damè il suo tratto distintivo, quando accetterà la sua peculiarità mitologica di un essere bifronte, con una doppia natura e si farà albero, costantemente protesa con la chioma e i rami verso l'alto e le radici verso il basso. Tra cielo e terra, tra radicamento e leggerezza, tra essere qui e altrove nello stesso momento. Fare della separazione un'unità solamente più sfaccettata, più complessa, più originale, più imperfetta e quindi per definizione più umana, magnificamente umana.
Noemi Abe racconta l'eterno dissidio degli animi inquieti e lo fa con il pretesto narrativo (e autobiografico) della sua doppia origine culturale italiana e giapponese, sebbene la lotta intestina, per lei come per molti, non è una questione di confini geografici ma di tempeste emotive di chi non si accontenta di guardarsi vivere ma vorrebbe capire perché e per chi sta vivendo. La curiosità sempre accesa di chi alla vita pone domande cercando risposte che sa che non otterrà se non vivendo e sperimentando un'esistenza che è sempre one shot.
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